– TEMPESTIVITA’ PROCEDIMENTO DISCIPLINARE –
Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza 19 maggio 2017, n. 12712
Al fine di stabilire la tempestività o meno della contestazione disciplinare, il computo del tempo deve essere considerato a decorrere dal momento di conoscenza del fatto disciplinarmente rilevante da parte del datore di lavoro, e non del momento storico in cui il fatto stesso è avvenuto.
Inoltre, tenuto conto di tutte le circostanze del fatto concreto, non può ritenersi violato l’obbligo di contestazione immediata per il solo fatto che il datore sia venuto a conoscenza del fatto, essendo necessario per questo anche uno spatium deliberandi per verificare la fondatezza del fatto e svolgere le indagini necessarie alla sua verifica.
Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza 19 maggio 2017, n. 12714
La decorrenza del termine contrattuale eventualmente previsto per l’irrogazione della sanzione disciplinare è da ritenersi sospeso per tutto il periodo in cui non possa procedersi con l’audizione del lavoratore per motivo riferibile a questo, come la malattia.
Infatti, eccepire la tardività del provvedimento perché adottato oltre il termine contrattuale viola il principio di buona fede e correttezza, tanto da poter ritenere dilatorie le richieste di rinvio rispetto a un fatto non riferibile al datore di lavoro.
– ASSEGNI FAMILIARI –
Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza 21 giugno 2017, causa C-449/16
Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea spetta anche alla lavoratrice straniera titolare di permesso di lavoro l’ “assegno famiglie numerose”, in ragione del diritto alla parità di trattamento nell’accesso alle prestazioni di sicurezza sociale di cui all’art. 12 Direttiva 2011/98.
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da una signora ecuadoriana alla quale il Comune di Genova e l’INPS avevano negato l’ “assegno famiglie numerose”.
Infatti, pur residente in Italia, madre di tre figli minorenni e titolare di un permesso unico di lavoro superiore a sei mesi, il Comune e l’INPS le negavano il beneficio in quanto non rifugiata e non titolare di un permesso di soggiorno di lungo periodo.
Dopo aver perso il primo grado di giudizio davanti al Tribunale di Genova, la Corte d’Appello di Genova chiedeva lumi sull’interpretazione della direttiva sul permesso unico di soggiorno e di lavoro dei lavoratori extracomunitari alla Corte di Giustizia.
Proprio la Corte di Giustizia, dando ragione alla lavoratrice, riconosceva che la prestazione di cui all’art. 65 l. 448/1998, in quanto attribuita in forza di requisiti predeterminati e oggettivi (e non attraverso una valutazione discrezionale) rientra nella nozione di “prestazione di sicurezza sociale” e deve pertanto essere riconosciuta a tutti i cittadini stranieri individuati dall’art. 12 cit., in condizione di totale parità con i cittadini italiani.
Inoltre, sempre secondo la Corte di Giustizia, i cittadini di Paesi non UE ammessi in uno Stato membro a fini lavorativi a norma del diritto dell’Unione Europea o nazionale devono essere posti nelle condizioni di beneficiare della parità di trattamento rispetto ai cittadini dello stesso stato cui sono stati ammessi.
– LICENZIAMENTO PER SCARSO RENDIMENTO –
Tribunale di Pisa, ordinanza 5 giugno 2017, n. 1889[1]
Lo scarso rendimento del lavoratore è giusta causa di licenziamento.
Secondo il Tribunale di Pisa è da considerarsi legittimo il provvedimento con il quale sia intimato al lavoratore il licenziamento per scarso rendimento qualora sia provata – sulla base della valutazione dell’attività complessiva resa dal lavoratore stesso e in base agli elementi forniti dal datore di lavoro – una palese violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente e a lui imputabile.
Secondo la Corte tuttavia, perché possa effettivamente ritenersi sussistente una ipotesi di licenziamento per scarso rendimento, deve essere riscontrabile una abnorme sproporzione tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione per il lavoratore e quanto concretamente realizzato dallo stesso in un periodo di riferimento, in comparazione con la media di risultato degli altri dipendenti e indipendentemente dal raggiungimento di una soglia minima di produzione.
– LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA –
Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza 25 maggio 2017, n. 13197
In caso di licenziamento per giusta causa l’onere di allegare l’incidenza – assolutamente lesiva – sul vincolo lavorativo fiduciario del comportamento extralavorativo del dipendente è da ritenersi assolto dal datore di lavoro con la specifica deduzione del fatto se questo ha un riflesso, anche solo potenziale ma oggettivo, sulla funzionalità del rapporto, così che vengano compromesse le aspettative di un futuro adempimento in relazione alle specifiche mansioni o attività svolte. Il fatto extralavorativo, infatti, deve essere di tale gravità da compromettere la figura morale del lavoratore.
– PROCESSO CIVILE TELEMATICO –
Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere, sezione IV Civile, sentenza 18 maggio 2017
Secondo il Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere pretendere un deposito telematico anticipato per scongiurare disguidi tecnici sarebbe in contrasto con il sistema processuale. Anzi, l’avvocato che deposita l’atto nell’ultimo giorno utile, trasmettendo la p.e.c. al proprio gestore di posta certificata, compie tutto quanto nelle sue facoltà per completare la propria attività, così che l’eventuale ritardo del sistema nel generare la RAC non può essergli addebitato.
In particolare, il Tribunale ha ricostruito il sistema di trasmissione degli atti, statuendo che deve ritenersi legittima le rimessione in termini del depositante, posto che la parte, una volta che ha inviato la pec al proprio gestore, non ha il governo delle procedure successive e di quanto avviene in ragione di mere ragioni tecniche.
Al contrario, poi, pretendere che i depositi vengano effettuati con evidente anticipo andrebbe a ridurre i termini procedurali posti per ciascuna attività, in maniera che “non è concepibile, né coerente con il sistema processuale”.
– NULLITA’ DELLA NOTIFICA –
Corte di Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 9 giugno 2017, n. 14523
La notifica – nel caso di specie relativa al ricorso introduttivo del giudizio e del decreto di fissazione udienza – effettuata ad un indirizzo pec diverso da quello presente sul portale Reginde è nulla, con la conseguenza che il giudice non deve dichiarare la contumacia, ma anzi deve disporre la rinnovazione della notificazione ex art. 291, comma 1, c.p.c.