– DISOCCUPAZIONE –
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, 10 luglio 2017, n. 16997.
La “disoccupazione” (Naspi) spetta anche nei periodi di allontanamento dell’interessato dall’Italia. L’INPS aveva negato la disoccupazione a un cittadino senegalese per il periodo di tre mesi durante i quali questi si era recato nel Paese di origine. La Corte di Cassazione, dopo aver affermato e ribadito il carattere della territorialità del sistema di sicurezza sociale, aggiunge che per ogni istituto vi sono delle precise disposizioni di legge atte a conciliare le differenti esigenze in campo. Nel caso dell’indennità in esame, i Giudici hanno ricordato che la legge italiana subordina la fruizione del beneficio unicamente al rispetto da parte dell’interessato delle norme sul controllo della disoccupazione, consistenti nel presentarsi in caso di convocazione da parte del servizio competente e nel non rifiutare un’offerta di lavoro adeguata. Di conseguenza, ai fini dell’erogazione del servizio, è sufficiente il fatto che l’interessato non si sia dimostrato inadempiente ad alcuna di tali prescrizioni.
– LICENZIAMENTO DISCIPLINARE –
Corte d’Appello di Bologna, 30 maggio 2017
Licenziamento è inefficace se intimato oltre i termini previsti dal contratto collettivo. Secondo l’art. 227 del CCNL del Terziario la sanzione disciplinare deve essere irrogata entro 15 giorni dalla scadenza del termine a difesa del lavoratore, salva la possibilità per il datore di lavoro di prorogare tale termine (motivando la richiesta riferendosi a esigenze particolari). Nel caso di specie, il datore di lavoro non aveva espresso alcuna ragione fondante la necessità della proroga e, di conseguenza, il licenziamento è stato dichiarato inefficacie dalla Corte d’Appello di Bologna per violazione della procedura, nonostante la sanzione espulsiva fosse proporzionata al fatto contestato. Il lavoratore in questione ha quindi avuto alla tutela indennitaria prevista dal 6° comma dell’art. 18 L. 300/1970.
– PRIVACY –
Corte di Cassazione, sez. III Civile, 25 maggio 2017, n. 13151.
In un caso di dedotta diffamazione, il ricorrente affermava l’illegittimità della sentenza di merito laddove questa non ha valutato il provvedimento del Garante della Privacy (che, non opposto, avrebbe dovuto a suo dire essere equiparato a un giudicato sull’illiceità del trattamento dei dati). Non è stata però dello stesso avviso la Corte di Cassazione che così ha stabilito: “in ragione della natura amministrativa dell’organo e del relativo procedimento, che non pone il Garante nella stessa posizione di terzietà assicurata dal giudice nel processo […] il provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali, non opposto ai sensi degli artt. 151 e 152 D. Lgs. n. 196/2003, non può mai acquistare efficacia [equiparabile a quella] di cosa giudicata nel separato giudizio che l’interessato abbia successivamente instaurato dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria per ottenere il risarcimento dei danni che assume provocati dalla lesione del diritto alla riservatezza e del diritto alla protezione dei dati personali”.
– DIRITTI SINDACALI –
Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, 6 giugno 2017, n. 13978.
Secondo la Corte di Cassazione il diritto di convocare l’assemblea sindacale di cui all’art. 20 della L. n. 300 del 1970 deve riconoscersi, oltre che alle rappresentanze sindacali unitarie come organo collegiale, anche alle sue singole componenti.
– PRESTAZIONI OCCASIONALI –
INPS, circolare 5 luglio 2017, n. 107.
L’INPS illustra il contenuto delle nuove prestazioni di lavoro occasionale, fornendo anche chiarimenti. Si tratta della disciplina contenuta all’art. 54-bis della Legge 21 Giugno 2017, n. 96, volta a sostituire l’abrogato istituto dei voucher. Le figure di datori di lavoro che possono ricorrere al lavoro occasionale, entro particolari limiti quantitativi sul versante retributivo, sono adesso due: famiglie e imprese che occupano meno di cinque lavoratori.
– SUPERAMENTO DEL PERIODO DI COMPORTO –
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, 19 giugno 2017, n. 15069.
Secondo la Corte di Cassazione non influisce ai fini della valutazione della legittimità del licenziamento la mancata risposta del datore di lavoro alla richiesta di motivazioni da parte del lavoratore licenziato per superamento del periodo di comporto nel caso in cui il licenziamento sia già stato impugnato. Infatti, statuiscono i Giudici: “[…] l’art. 2 della legge n. 604/1966 (nella versione ratione temporis vigente, sulla forma dell’atto di licenziamento e sulla comunicazione dei motivi di recesso, che si applica anche ai licenziamenti per superamento del periodo di comporto), risponde alla finalità e alla ratio di consentire al lavoratore, su sua richiesta, di venire adeguatamente e immediatamente, dopo il licenziamento, a conoscenza delle precise ragioni e motivazioni dell’atto espulsivo al fine di potere eventualmente opporre rilievi o diverse ragioni e di evitare “impugnazioni” al buio. Queste finalità sono chiaramente incompatibili con la avvenuta impugnazione stragiudiziale del licenziamento, che determina, per il lavoratore, l’inizio della decorrenza dei termini per proporre l’azione giudiziale di annullamento negoziale e, quindi, la consumazione di della facoltà di fruire di uno spatium deliberandi cui avrebbe avuto diritto attraverso l’ottenimento di una motivazione espressa del recesso”.
– LAVORO E SICUREZZA –
Corte di Cassazione, sez. Penale, 6 dicembre 2016.
Secondo la Corte di Cassazione, a nulla rileva il tipo di prestazione, se subordinata o occasionale, svolta dal lavoratore in caso di infortunio. “[…] le norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro si applicano a chiunque ponga in essere una prestazione lavorativa in senso lato, anche occasionale o senza retribuzione ovvero per imparare un mestiere, sicché la tutela, oltre a riguardare i lavoratori subordinati, si estende a tutte le persone che vengano a trovarsi in situazioni di pericolo connesse all’attività esercitata, a prescindere dall’eventuale mancato perfezionamento di un contratto e dall’episodicità della prestazione. Ciò in base all’art.2, comma 1, lett.a) del D.Lgs.n.81/2008, che definisce “lavoratore” colui che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione”.