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Novità giurisprudenziali 9 marzo 2018, a cura di Monica Serra.

15.03.2021 | News

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– MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA –

Corte di Cassazione, sezione VI penale, sentenza 6 – 31 ottobre 2017 n. 49997

Secondo la Corte di Cassazione Penale sussiste il reato di maltrattamento in famiglia quando il marito ponga in essere intenzionalmente e con abitualità una serie di condotte che abbiano lo scopo di denigrare, svilire e umiliare l’altro coniuge: in particolare, secondo la Cassazione anche impedire alla moglie di svolgere attività lavorativa è una condotta che integra il reato di maltrattamenti in famiglia.

Nel caso di specie è infatti emerso che l’imputato aveva posto in essere aggressioni, prima solo verso oggetti, poi  degenerate in minacce anche di morte, percosse, reazioni d’ira del ricorrente, in ritorsioni,

pugni, e che il motivo scatenante erano le discussioni che vedano il relative agli impegni lavorativi della moglie, ritenuti dall’imputato inconciliabili con i rapporti familiari.

– CONTROLLI A DISTANZA DEL LAVORATORE –

Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 10 ottobre 2017 n. 4564

La Corte di Cassazione sezione III Penale ha confermato la sentenza del Tribunale di Taranto che aveva condannato l’imputato, nella sua qualità di legale rappresentante di una cooperativa, ad una ammenda per accertata violazione del D.Lgs. 196/2003 (TU sulla privacy).

Il fatto trae origine dall’installazione, all’interno di uno split per l’aria condizionata, di una microcamera: tale apparecchio, posizionato per fini di tutela del patrimonio aziendale nella ricostruzione dell’imputato, era comunque idoneo a controllare a distanza l’attività di una addetta.

La Corte di Cassazione quindi, ripercorrendo l’evoluzione interpretativa della tutela del patrimonio aziendale, fa però leva sul disposto dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori e ribadisce che i cd.“controlli difensivi” che legittimavano, nel periodo antecedente alle modifiche introdotte con d.lgs. n. 151 del 14 settembre 2015, l’installazione (non concordata con le organizzazioni sindacali, né autorizzata dalla Direzione provinciale del Lavoro) di impianti e apparecchiature di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, potevano essere ammessi solo se il controllo non riguardava l’esatto adempimento delle obbligazioni discendenti dal rapporto di lavoro e purché fosse attuato con modalità non invasive e rispettose delle garanzie di libertà e dignità dei lavoratori dipendenti.

La libertà e la dignità dei lavoratori assurgono quindi quali limiti oggettivi invalicabili all’esercizio del diritto del datore di lavoro a tutelare il proprio patrimonio aziendale.

Nel caso di specie, osservando che la microcamera era stata inequivocabilmente installata in modo tale da controllare anche l’attività della lavoratrice e risultando quindi idonea altresì a violarne la riservatezza, la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza impugnata.

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