– LAVORO CARCERARIO – DETERMINAZIONE DELLA MERCEDE –
Tribunale di Firenze, sezione Lavoro, sentenza 5 aprile 2018
Il Tribunale di Firenze, con la sentenza segnalata, conferma l’orientamento già espresso da diversi Tribunali – in particolare Roma -, affermando che il detenuto che presta la propria attività lavorativa alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria – all’interno della struttura carceraria in cui è detenuto – ha diritto all’adeguamento della retribuzione di cui all’art. 22 l. 354/1975 (ordinamento penitenziario).
Nello specifico, la misura del trattamento economico del detenuto che presta attività lavorativa intramuraria alle dipendenze dell’amministrazione (c.d. mercede), non deve essere inferiore ai due terzi del trattamento economico previsto dai contratti collettivi di lavoro vigenti, e ciò anche in assenza di specifica determinazione da parte della commissione ministeriale competente.
La norma in questione infatti prevede che la mercede sia periodicamente adeguata, avendo come riferimento i contratti collettivi dei lavoratori domestici, da parte di apposita commissione ministeriale, che ormai manca di ottemperare tale verifica dal biennio 1993 – 1994.
E’ confermata la competenza del Giudice del Lavoro in luogo del Tribunale di Sorveglianza.
Il tema del lavoro dei detenuti era già stato affrontato in questo breve articolo.
– DEMANSIONAMENTO –
Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza 28 ottobre 2018 n. 26805
Lo svolgimento di attività accessorie (quali, nel caso, pulizia dei locali) estranee alle mansioni proprie costituisce, secondo la Cassazione, demansionamento: questo, non perché le attività richieste non sono riferite alla declaratoria propria del livello di appartenenza, bensì perché non costituiscono compiti preparatori o necessariamente strumentali rispetto alla propria mansione.
Pertanto, conclude la Cassazione, un difetto organizzativo del datore di lavoro – quale l’assenza di personale addetto alle pulizie -, non può rendere legittima la richiesta di una attività che esula dal mansionario proprio della qualifica di appartenenza del lavoratore, e che incide negativamente sulla sua professionalità.
– GIUSTA CAUSA DI LICENZIAMENTO –
Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza 28 settembre 2018 n. 23600
Secondo la Corte di Cassazione, la condotta del lavoratore che avrebbe potuto avvedersi dell’evidente l’illegittimità di un ordine impartito da un superiore gerarchico e lo ha nondimeno rispettato, deve essere considerata illecita, senza che possa venir meno la giusta causa di licenziamento.
Al rapporto di lavoro, infatti, non è applicabile la causa di giustificazione di cui all’art. 51 c.p. (divieto di sindacare e di disobbedire agli ordini della pubblica amministrazione) perché manca un potere di supremazia, inteso in senso pubblicistico, del superiore riconosciuto dalla legge.
– PROCEDIMENTO DISCIPLINARE – CONTESTAZIONE –
Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza 1 ottobre 2018 n. 23771
In tema di sanzioni disciplinari, la contestazione dell’addebito ha lo scopo di consentire al lavoratore incolpato l’immediata difesa e deve dunque essere sufficientemente specifica ed individuare, nella loro materialità, i fatti addebitati.
Partendo da questo presupposto, è quindi pienamente ammissibile per la Cassazione la contestazione fatta mediante il richiamo di atti non allegati alla stessa, purché il dipendente ne abbia la conoscenza e possa così svolgere in ogni caso un’efficace difesa (c.d. contestazione per relationem).