– L. 104/1992 E SCELTA DELLA SEDE DI LAVORO –
Corte di Cassazione, sezione Lavoro, ordinanza 1 marzo 2019 n. 6150
In tema di della disabilità, il comma 5 dell’art. 33 della L. 104/1992 chiarisce che il lavoratore che presta assistenza al disabile ha “diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.
Questa recente pronuncia della Cassazione offre una lettura estensiva della norma: la possibilità di avvicinarsi al domicilio del disabile non deve essere riservata alla scelta della sede di al momento dell’assunzione, ma deve essere consentita anche durante lo svolgimento del rapporto di lavoro e a seguito di domanda di trasferimento, ciò sulla scorta dell’assunto per cui la ratio della norma “è quella di favorire l’assistenza al parente o affine handicappato, ed è irrilevante, a tal fine, se tale esigenza sorga nel corso del rapporto o sia presente all’epoca dell’inizio del rapporto stesso”.
– DIRITTO DI CRITICA E LICENZIAMENTO –
Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza 18 gennaio 2019 n. 1379
La critica del lavoratore rivolta al datore di lavoro si può trasformare da esercizio di un diritto a illecito disciplinare quando sia giudizialmente accertato il superamento dei limiti posti a presidio della dignità della persona umana, così come predeterminati dal diritto vivente.
– LICENZIAMENTO ORALE –
Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza 8 febbraio 2019 n. 3822
Il lavoratore che impugni un licenziamento allegando che il recesso è avvenuto in forma orale ha l’onere di provare, quale fatto costitutivo della domanda, che la risoluzione del rapporto è avvenuta per univoca volontà del datore di lavoro, laddove la mera cessazione della prestazione non è circostanza di per sé idonea a fornire tale prova.
Non solo, ma dove il datore di lavoro eccepisca che il rapporto di lavoro si è risolto per dimissioni del lavoratore, il giudice sarà chiamato a ricostruire i fatti e, nel caso in cui perduri incertezza riguardo il loro reale svolgimento, dovrà fare applicazione della regola di cui all’art. 2697, comma 1, cod. civ. rigettando la domanda del lavoratore che non ha fornito prova della sua pretesa.