– UNICITA’ DI IMPRESA E RISARCIMENTO DEL DANNO –
Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza 28 marzo 2018 n. 7704
Nel caso in cui un’unica impresa sia frazionata in più società in frode alla legge, sono tutte solidalmente tenute al pagamento del risarcimento del danno per licenziamento illegittimo.
Nel caso in esame un lavoratore aveva impugnato il licenziamento subito e nello stesso ricorso aveva allegato che l’originaria società era stata frazionata per eludere le tutele di cui all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori: con il ricorso, dunque, il lavoratore aveva chiesto la reintegrazione nei confronti del proprio datore di lavoro, mentre aveva invece svolto nei confronti delle altre società la domanda di risarcimento del danno conseguente all’illegittimità del recesso.
I giudici di merito, ritenendo che il risarcimento del danno consegue alla reintegrazione, avevano respinto la domanda di risarcimento in solido.
La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione e ha constatato che in caso di frazionamento fraudolento della società, tutte le entità risultanti coinvolte sono solidalmente responsabili delle obbligazioni dell’unica impresa; per questo motivo il creditore può limitare a solo una società la domanda di adempimento delle obbligazioni solidali.
– MOLESTIE SESSUALI E RESPONSABILITA’ SOLIDALE –
Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza 22 marzo 2018 n. 7097
In caso di molestie sessuali sul posto di lavoro, il datore di lavoro – condannato al risarcimento del danno per non aver adottato alcun tipo di prescrizione nei confronti dell’autore delle molestie – può rivalersi sull’autore materiale per la sua parte di responsabilità.
Nel caso di specie, il datore di lavoro aveva ricevuto dalla lavoratrice la segnalazione di condotte moleste da parte di un collega, ma ciò nonostante era rimasto colpevolmente inattivo: per questo motivo i giudici lo avevano condannato al risarcimento del danno alla salute della donna.
Il datore di lavoro ha così chiesto di essere “manlevato” dall’autore dell’illecito e i giudici hanno così ripartito il risarcimento, stabilendo il criterio per cui il lavoratore-autore del fatto risponde per violazione dell’obbligo di diligenza, fedeltà, correttezza e buona fede, mentre il datore di lavoro è responsabile della violazione degli obblighi di cui all’art. 2087 cod. civ.
– PUBBLICO IMPIEGO CONTRATTUALIZZATO –
Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza 3 aprile 2018 n. 8141
Nell’ambito del pubblico impiego contrattualizzato, lo svolgimento di compiti afferenti a una posizione organizzativa comporta il diritto alla corresponsione del relativo trattamento economico.
In questo caso, per carenza di organico un dipendente dell’INPS aveva di fatto ricoperto una posizione organizzativa e in giudizio aveva ottenuto il pagamento delle relative differenze economiche, tranne che per l’indennità di posizione, che per i giudici di merito era conseguente solo a un’attribuzione formale di un incarico.
Tuttavia, secondo la Cassazione, anche se manchi o sia illegittimo il provvedimento formale di attribuzione dell’incarico, ciò non fa venir meno il diritto di chi ha svolto questo incarico a percepire l’intero trattamento economico, compreso quello accessorio.
– LAVORO SUBORDINATO –
Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza 28 marzo 2018 n. 7703
La prestazione di lavoro subordinato si presume onerosa anche nel caso in cui venga resa per un’istituzione religiosa, culturale o spirituale.
Nel caso di specie, la Corte ha censurato la decisione dei giudici di merito che avevano ritenuto le prestazioni di lavoro rese nei confronti di una comunità spirituale gratuite in ragione dello statuto della comunità, e ciò senza approfondire le caratteristiche concrete del rapporto di lavoro.
Ciò premesso, la Corte ha invece affermato che ogni prestazione di lavoro subordinato si presume onerosa fatto salvo il solo caso in cui vi sia prova concreta che sia stata resa per una finalità di solidarietà anziché lucrativa.
– LICENZIAMENTO E FALLIMENTO –
Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza 23 marzo 2018 n. 7308
La dichiarazione di illegittimità di un licenziamento intervenuto durante un fallimento non esonera la società dal pagamento del relativo risarcimento del danno.
In caso di dichiarazione di fallimento dell’impresa, infatti, il rapporto di lavoro è sospeso fino alla decisione del curatore di subentrare nel rapporto o di scioglierlo; nel caso in cui il curatore decida di sciogliere il rapporto, questo è esposto alle conseguenze patrimoniali che conseguono all’accertamento dell’illegittimità del licenziamento (e, in particolare, ex art. 18 dello Statuto dei Lavoratori) e il credito nascente deve essere ammesso al passivo della società.